Kafka On The Shore "Beautiful But Empty, "LA FABBRICA", 2013
A leggere il nome di questo quartetto di base a Milano si potrebbe pensare al classico progetto un po' hipster fatto di citazionismi di facile presa e di scarsa importanza data alla musica. Così non è, perchè i Kafka On The Shore sono quattro musicisti di tutto rispetto: incontratisi per caso a Milano ma dalla provenienza disparata – in un mix di origini che va dalla Sicilia alla Germania, passando anche per gli Stati Uniti – hanno dato vita a uno dei migliori esordi di questo 2013, “Beutiful But Empty” , un disco fatto di ritmi frenetici e un po' folli, armonie bizzarre, in un mix di surf rock dal sapore sixties e pianoforti indiavolati alla Jerry Lee Lewis. I testi – interamente in inglese e di matrce intimista – hanno un che di ermetico e visionario: non raccontano storie, ma paure, solitudini, città desolate ed evocano i miti del passato (“Bob Dylan”, “Walt Disney”) e del presente (“Moon Palace”) Non mancano i pezzi trascinanti e più ritmati, come l'irresistibile apertura “Berlin”. Pat.C.
Orchestra Dark Italiana S/T, OTIUM RECORDS, 2012
L’orchestra dark italiana nasce a Roma nel 2008 da un’idea di Flavio Michele e Federica Nardi, coinvolgendo poi Giuseppe Paolillo e Savino Pace. In questo debutto uscito sul finire del 2012 troviamo svariate influenze: dall’elettropop d’atmosfera alla musica mediterranea, dal tango al folk-balcanico e al cantautorato: ci sono i Csi, i Massimo Volume, c’è Vinicio Capossela, ma ci sono anche i Lali Puna e i Postal Service; le radici calde del sud, e i ritmi eterei di certo postrock, ma anche arpeggi da blues oscuro, fino ai synth sapientemente usati ad evocare suoni mitteleuropei. Un disco italiano, nelle radici e nell’intensità, ma così imprevedibilmente calato in scenari “altri” da sorprendere nota dopo nota, e soprattutto strumento dopo strumento, vista la ricchissima varietà dei suoni in cui si stratifica. Un viaggio sonoro particolarmente riuscito, coinvolgente ed avvolgente, oscuro e sinistro a tratti, che denota la grandissima perizia di tutti e quattro i musicisti. Pat. C.
Versailles "1976-1991", AUTOPRODUZIONE, 2013
Frutto di quella congerie di band, artisti, incontri e collaborazioni che anima da qualche periodo ormai la scena della città di Pesaro, i Versailles nascono nel 2010 dal connubio artistico fra Damiano Simoncini (già con Damien, Young Wrists e Maria Antonietta) e Manuele Magnini. 1976-1991 è il loro secondo full-lenght, caratterizzato da un incedere marziale e da un sound solido, fatto di echi post punk, new wave e noise, ma anche di episodi che ricordano più da vicino le sonorità del grunge più rumoristico e ruvido, quello di diretta discendenza hardcore. I testi, per ora, convincono maggiormente quando scelgono la lingua inglese - più adatta ad incastrarsi nelle progressioni di chitarra e batteria, tirate e ostiche per la lingua madre. Il tentativo in italiano (HVS, Ma dov'è La Severità, Marenero) risulta un po' forzato, a differenza della proposta musicale, invece, molto credibile e compatta. Pat.C.
Petramante "Ciò' Che a Voi Sembra Osceno, a Me Pare Cielo", MARTELABEL, 2013
I Petramante sono uno di quei gruppi italiani che non ancora propriamente “emerso” rimane nel limbo delle nuove leve, senza averne in effetti i connotati anagrafici, né l'imperizia artistica: non più giovanissimi, hanno alle spalle solo un altro album - del 2009 - che li aveva fatti conoscere in tutta Italia. Tra coloro che ne sono rimasti colpiti c'è Paolo Benvegnù, che per questo secondo disco si è messo a dispozione come produttore artistico. “Ciò che a voi sembra osceno...” è un album maturo ed intenso, in cui la voce di Francesca Dragoni tratteggia efficacemente gli undici episodi che lo compogono, ritratti plurimi di una stessa personalità inquieta e appassionata, fragile ma decisa, che hanno come trait d'union l'appagamento di una felicità diversa e libera. Poesia mischiata a un poprock delicato ed evocativo, a volte minimale a volte arricchito di archi e cori, ma sempre molto raffinato. Pat. C.
Drama Emperor "Paternoster In Betrieb", SEAHORSE, 2013
I Drama Emperor sono un trio marchigiano (Michele Caserta, Cristiano Ballarini e Simone Levantesi) al debutto con questo Paternoster In Betrieb. I tre scelgono sonorità mitteleuropee, tra new wave, industrial, krautrock e darkwave, cimentandosi in otto tracce scritte in diverse lingue: inglese, tedesco e un po' d'italiano. La partenza è decisamente convincente, con un uno-due entusiamante e ben riuscito: Other Side conquista fin dalle prime note, con un incipit ipnotico nel gioco accattivante e robotico tra organo, batteria, chitarra e synth; mentre Teknicolor sembra uscita dal repertorio di qualche band berlinese di metà anni Ottanta: urlata, quasi strozzata, si risolve in un climax dal ritmo sinistro e strisciante. Il resto del disco si mantiene su livelli un po' inferiori a quest'aperura ma comunque molto ben fatti, sebbene per convincere del tutto necessiterebbe di una produzione più pulita rispetto a questa in cui il lo-fi appiattisce un po' le velleità – assolutamente lodevoli – del gruppo.
L'orso "L'orso", GARRINCHA, 2013
Chi bazzica l'indie italiano conoscerà sicuramente già da un po' L'Orso, ovverosia la creatura di Mattia Barro targata Garricha (l'etichetta bolognese attenta al cantautorato italiano lo-fi) che negli ultimi tre anni ha pubblicato altrettanti EP in free download, macinando chilometri per live richiestissimi in tutti i club della penisola. Ora è arrivato il momento del disco d'esordio, che riprende molte tracce già edite, affiancandole ad altre del tutto nuove, per un totale di undici canzoni il cui tratto peculiare è un cantatutorato pop senza peso specifico alcuno, se non quello di raccontare storie post-adolescenziali agrodolci da happy days, con tanto di musica dai toni sixties ad accompagnarle. L'orso opta per soluzioni per nulla banali, con inserti di fiati, banjo e violini, e se non fosse per degli evidenti limiti strutturali, il risultato potrebbe essere davvero interessante. Un peccato, quindi, non poterne apprezzare fino in fondo gli ottimi spunti che evocano la delicatezza di certe cose dei Belle And Sebastian o dei Beirut. Pat.C.
Il Fratello S/T, I DISCHI DEL MINOLLO, 2013
Dietro a Il Fratello si cela una figura a molti già nota per aver preso parte a tanti dei progetti musicali che hanno fatto della Sicilia degli ultimi anni una delle regioni più virtuose della scena cantautoruale italiana. Lui si chiama Andrea Romano (ex Albano Power), ma non è l'unica anima che va a comporre questa sorta di progetto collettivo in cui troviamo anche Mauro Ermanno Giovanardi, Cesare Basile, Colapesce e tanti altri “fratelli” - appunto - di Romano. Da cotanti presupposti il risultato non poteva che essere ottimo: dieci tracce curate e levigate, dai tratti intimisti, che evocano mondi rallentati e carichi di poesia, in cui ogni attimo ha un suo valore e ogni dettaglio conta. Musicalmente le scelte accurate conducono il disco su binari per niente lineari o scontati: dagli arpeggi nervosi e ossessivi di “Vai Via”, ai delicati fraseggi fra chitarre e piano di “È vero che per te”, la musica fa da sofisticato tappeto sonoro all'intensità delle liriche sussurate lievemente dalla voce di Romano. Alla lunga si sconta un po' di monotonia, ma nel complesso si tratta di un ottimo lavoro. Pat. C.
Corrado Meraviglia "L'occasione", LA FAME DISCHI, 2013
Cantautorato in italiano sostenuto da una struttura musicale delicata ma complessa, quello del savonese Corrado Meraviglia, con questo L'Occasione giunto al secondo disco, dopo un primo album e un ep usciti entrambi nel 2012. Meraviglia non è certo un ragazzino: inizia tardi a cimentarsi nella musica trainato da un'esigenza profonda e viscerale evidentemente irrinunciabile, come si capisce chiaramente dai testi e dall'attitudine tagliente che ne caratterizza il cantanto. Le sue canzoni parlano di una disperazione rabbiosa ma vivificatrice, quella di chi, ad esempio, lascia un lavoro sicuro e una strada tracciata per tentare nuove vie, per scartarsi da una morte lenta. Le parole sono incastrate su sonorità in alcuni casi minimali e monocorde, mentre gli episodi migliori (Vacanza, La Bella Stagione, Folkpop) si reggono su scelte sonore di derivazione dreampop e shoegaze, in un folk rock sognante e rarefatto ma anche orecchiabile: una produzione più accorta ed esperta avrebbe di sicuro fatto brillare maggiormente il carattere e la personalità di cui il disco è indubbiamente dotato. Pat. C.
Dead Man Watching "Love, Come On!", CABEZON, 2013
Dead Man Watching è un progetto nato dalla collaborazione tra tre musicisti veronesi diversissimi tra di loro che più per caso che per volontà si sono ritrovati a suonare insieme. Le diverse anime dei tre (folk/slowcore, sixties e sperimentale) si fondono in quest'album di debutto per dar vita a undici canzoni in cui a predominare è un indiefolk maliconico dal sapore nineties, sospeso fra ninnananne alla Teenage Fanclub e midtempo alt-country alla Uncle Tupelo. Un disco interamente cantanto in inglese che richiama, dunque, sonorità perdute nel tempo e nello spazio, distanti anni luce dal made in Italy, con buoni spunti melodici e qualche passaggio interessante, ma che non è in grado di confrontarsi con i modelli a cui si richiama, mancando di originalità e denotando ancora una generale piattezza sonora.