HAVAH “SETTIMANA” (To Lose La Track, 2012)
Havah è il nome del progetto solista di Michele Camorani, già batterista dei Raein e dei La Quiete, romagnolo di Forlì e collaboratore di tante band indipendenti italiane. Con questo disco giunge al terzo episodio: un concept basato sui giorni della settimana (che danno il titolo a ciascuno dei sette pezzi che lo compongono) con testi incisivi, diretti - cantati per la prima volta in italiano e scritti a quattro mani con Jacopo Lietti dei Fine Before You Came - e sonorità intrise profondamente di post punk e new wave. La miscela così composta risulta di grande impatto: si passa da pezzi trascinanti come “Martedì” a brani più striscianti e ombrosi come “Venerdì”. Settimana è un disco minimale, fatto di urgenza e immediatezza, di parole che vanno a comporre mantra ipnotici incastonati in oscuri ritmi sciamanici: una piccola rarità in terre dove la new wave rimane un polveroso affare di secoli fa. P.C.
WILDMEN “S/T” (Shit Music For Shit People, 2013)
Esordio per questo duo romano composto da Giacomo Mancini (chitarra e voce) e Matteo Vallicelli (batteria) formatosi tre anni orsono, che prima di dare alle stampe questo disco ha accumulato qualche singolo e una valanga di esperienze live, soprattutto in Europa, dove ha girato per tutto il 2012. Con il sound degli anni Sessanta ben inciso nelle loro teste (Kinks, Monks, Yardbirds) e attingendo la carica dal delta del Mississipi, in queste dieci fulminee canzoni propongono un miscuglio fra garage e blues-punk molto grezzo e affilato. Dal vivo, sono una vera e propria scarica di adrenalina e rumore, con volumi quasi assordanti per uno spettacolo difficilmente dimenticabile. P.C.
FEMINA RIDENS “S/T” (A Buzz Supreme, 2013)
Femina Ridens altri non è che la nuova reincarnazione artistica dell'eclettica Francesca Messina, già nell'ensemble vocale dei Jubilee Shouters, poi disco d'oro dance col nome di Lady Violet e, ancora, attrice e perfomer teatrale al seguito della compagnia di Barbara Nativi. L'eclettismo della Messina è ben presente anche in quest'esordio come solista: Femina Ridens è una creatura seducente e sfuggente, dotata di una splendida voce in grado di volare nervosamente ad alte quote e di planare delicatamente a valle, in un'altalena di suoni e sensazioni spiazzanti e avvolgenti. Personalità quasi ingombrante, la sua, che si declina in testi pervasi di femminilità consapevole e spigolosa, dai sentimenti ambivalenti e dualistici. Un fiume in piena che a tratti deborda: ma nel complesso un ottimo disco in cui fra le altre cose spicca la pregevole cover di “Vorrei Incontrarti” di Alan Sorrenti. P.C.
THE OVERDRIVE “BAD VICE” (Green Production, 2010)
The Overdrive sono una rock band nata nella cantina di un paesino della Gallura nel Nord Sardegna, Tempio Pausania. Giovanissimi – qualcuno di loro non è nemmeno maggiorenne – hanno all'attivo tanta attività live, condita dall'urgenza e dalla rabbia della loro giovane età, che li porta a buttarsi a capofitto nella loro musica preferita: hard rock dalle tinte heavy, che richiama immediatamente alla mente i Black Sabbath, ma anche e soprattutto la scena americana fine Ottanta/inizio Novanta. Non è un caso che i primi passi dei The Overdrive li vedano interpretare live alcune hit dei Guns n'Roses. La carica dei loro pezzi è il tratto caratteristico che emerge fin da questo primo acerbo lavoro, ed evidenzia un'ottima capacità di reinterpretare canoni musicali stranoti. Dal ritmo sincopato e sinuoso della title track “Bad Vice”, alla tiratissima “Rockers” diversi sono gli episodi del disco che convincono, in attesa del prossimo lavoro per avere anche una punta di originalità in più. P.C.
IVENUS “DASVIDANIJA” (Dreamingorilla Records, 2013)
Ivenus sono un quartetto electro-rock originario di Savona che con questo Dasvidanija arriva al secondo disco, all'interno del quale vi sono le collaborazioni con Michele Bitossi dei Numero6 e Simone Bertuccini degli Ex-Otago. Nati nel 2008, dopo un fortunato EP e un esordio che li ha portati in giro sui palchi di tutta Italia ad aprire i concerti dei più importanti esponenti dell'alt-rock nostrano, mettono insieme nove tracce in cui accostano le furie chitarristiche al suono roboante delle tastiere per dar vita a una mezz'ora abbondante di poprock tirato e contaminato di elettronica quanto basta per suonare generazionale, grazie anche alla voce del cantante e chitarrista Cash nella Pelliccia, perfetta ad intonare refrain accattivanti come nel brano di apertura “Pop”. I testi in italiano parlano di desolazione di provincia, storie quotidiane di supergiovani annoiati tra centri commerciali e gratta-e-vinci che non faranno la loro felicità. Un disco carico, rabbioso ma dalle melodie “pop”esplosive: materiale che non fatichiamo ad immaginare molto funzionante in una veste live. P.C.
VENUA “BLAH BLAH BLAH” (Libellula, 2013)
Con “Blah Blah Blah” i Venua, band bergamasca nata ne 2008 e finalista ad Arezzo Wave 2009, arrivano alla seconda prova sulla lunga distanza. Registrato interamente in analogico e prodotto da Marco Fasolo (Jennifer Gentle) il disco vede un cambio di formazione della band, dove appunto Fasolo diventa anche batterista – oltre all'entrata nel gruppo di un nuovo bassista. Il lavoro si caratterizza per sonorità a metà fra lo swing degli anni Cinquanta alla Fred Buscaglione e il blues-rock esplosivo e fulminante alla Black Keys, in cui testi composti su melodie di facile presa sono delle piccole filastrocche su amori finiti ed esistenze indolenti. Mentre in alcuni casi l'operazione funziona ( “Se vuoi, devi”, “Nove Settembre”) nella maggior parte del disco si accusa un po' di ripetitività e mancanza di guizzi che renderebbero il tutto estremamente godibile. Molto suggestivo il brano di chiusura, interamente strumentale (sarà un caso?) “A Presto”. P.C.
ARTU' “S/T” (Leave Music, 2013)
Alessio Dari, in arte Artù, è un cantautore romano che arrivato a trent'anni pubblica questo suo esordio con i tipi di Leave Music (l'etichetta di Mannarino). Prima di arrivare a raccogliere queste dodici canzoni ha avuto qualche esperienza come chitarrista, ma in tutta la sua vita ha coltivato la vena autoriale attraverso la scrittura, fin quando non ha deciso di abbinare testi e musica in questo esordio. Un disco leggero, fatto di cantatorato pop musicalmente senza nessuna pretesa: arrangiamenti davvero minimi e un po' plastificati, nessuna trama strumentale, ma solo parole intonate in melodie fin troppo semplici. I testi – il fulcro del disco – raccontano di uomini e donne ai margini, spose ingiallite, figli abbandonati e sogni di rivoluzione ammuffiti dentro un cassetto. Nemmeno questi però riescono a convincere fino in fondo, e il disco finisce per essere un tentativo apprezzabile ma non riuscito di coniugare la levità e la semplicità delle melodie a tematiche non del tutto scontate e banali. P.C.
MISACHENEVICA “COME PECORE IN MEZZO AI LUPI” (Dischi Soviet Studio, 2013)
I Misachenevica sono Walter Zanon, Antonio Marco Miotti e Marco Amore. La band nasce ufficialmente a inizio 2010 e dopo pochi mesi dà alle stampe il primo EP che ottiene ottimi riscontri: ora è la volta dell'esordio vero e proprio, con questo disco prodotto da Matt Bordin degli ottimi Mojomatics, registrato e mixato in soli sei giorni su nastro analogico in presa diretta e masterizzato a Chicago. Si tratta di un lavoro estremamente riuscito, da cui emerge l'amore dei tre per le sonorità alt- rock anni Novanta, in un intrecciarsi di chitarre distorte, progressioni di batteria, ritmi cupi e atmosfere oscure. Dal grunge (la prima canzone s'intitola “Figlio Illegittimo di Kurt Cobain”) al garage rock fino ad echi post punk, questo disco convince anche per i testi, interessanti e non banali. Retromaniaci quanto basta, senza essere troppo fotocopie di altre copie; ma d'altronde “quest'anno va di moda avere nostalgia di qualsiasi cosa”. P.C.